LAURA TANGORRA

rumore di mamma




Il libro
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Associazioni amiche

L'autrice

Rassegna stampa

I commenti dei lettori


IL LIBRO

Alcuni brani

"Dal capitolo 2"

E’ buio. Abbracciato dal silenzio, riposa in quel soffice calore avvolgente.
Il suo sonno riempie il tempo di sogni segreti che nessuno mai saprà svelare, nemmeno lui.
Solo qualche suono lontano, quasi un‘eco si accompagna a quel battito, soffio di vita.
Ma nell’aria qualcosa è cambiato e si avverte uno strano disagio. Una forza nuova e sconosciuta lo chiama e lo trascina prepotente.
All’improvviso è luce accecante, rumore, voci, mani.
Un vagito.
Benvenuto nel mondo.. .
La mamma lo guarda e già lo ama, mentre lui contempla lei, senza vederla.
Con gli occhi ancora velati, di un azzurro fatto di acqua , cerca nella luce quella voce familiare. Ha i capelli che sembrano di piuma e la pelle liscia e sottile, quasi eterea.
E’ un incontro denso di emozioni, sono attimi di felicità assoluta.
Quel cucciolo d’uomo, perfetto eppure tanto fragile, ha già il suo posto nel mondo, ma ancora non lo sa, né gli interessa. Ciò che vuole è solo la sua mamma, che da questo istante vivrà per lui.
Niente sarà più uguale a prima, a quel prima che sembra già lontano.

 

"Dal capitolo 6"

Studiare è bellissimo, non stanca mai. E’ un viaggio, è come avventurarsi nella foresta tropicale, tra alberi imponenti dalle fronde intricate, mondi affollati di vita nascosta.
Ad ogni passo una nuova scoperta ti spinge più avanti e lo sguardo si immerge, ma non si disseta mai. C’è sempre qualcosa, più in là.
E così nella mente si accendono sempre nuove luci e noi vediamo con più chiarezza i mille angoli ancora troppo bui.
Il sapere ci scopre sempre più ignoranti e bisognosi di lui. E per assurdo, chi meno conosce, più si sente sapiente ed appagato. Sarà forse per questo che noi genitori non sentiamo il bisogno di prepararci a fondo per svolgere al meglio il nostro compito, tanto affascinante quanto difficile. Il buonsenso aiuta, ma non basta.
E poiché il primo passo verso la conoscenza è la curiosità, basterebbe avere voglia di scoprire quale mondo si nasconde dietro lo sguardo dei nostri figli, per imparare a guardare con i loro occhi.
Ma esiste un modo più pratico, facile e veloce di fare il genitore: fare in modo che siano i bambini ad adeguarsi al nostro modo di vedere la realtà. Come? Convincendoli che noi siamo perfetti.
Non è difficile, loro ci vedono già così e vogliono somigliarci, stravedono per noi e se sbagliamo nemmeno se ne accorgono. Ma non facciamoci illusioni: dura poco. Nei loro sei o sette anni di vita imparano a guardarci mettendo a fuoco la nostra immagine alla perfezione. E ci ameranno, nonostante tutto.
In fondo per un bambino non è poi così male avere per genitori due persone normali, che sbagliano e chiedono scusa, che hanno il coraggio di dire avevi ragione tu, senza vergogna.
Invece spesso negando l’evidenza si preferisce apparire impeccabili, miti irraggiungibili.
Restauriamo un affresco antico e segnato dal tempo coprendo goffamente, con troppo colore spennellato in fretta, proprio quelle chiazze più sbiadite che parlano di lui, della sua storia.
Così facendo roviniamo tutto, ma speriamo che nessuno si avvicini troppo perché soltanto da lontano può sembrare un lavoro ben fatto.
Se nostro figlio rimarrà a contemplarlo da lontano continuerà ad ammirare quella perfezione, certo che mai potrà competere con lei, esserne all’altezza ed essere degno di tanto splendore. Ma se lo faremo avvicinare un po’ di più scoprirà il trucco, staccherà con le unghie quelle croste di tempera scadente ridando luce alle preziose imperfezioni.
E’ meglio essere veri. La nostra autorità non ha bisogno di maschere, il rispetto non si conquista restando sul balcone a predicare ad alta voce, ma stando seduti sul marciapiede insieme, anche in silenzio.
Il silenzio è il buio delle parole, ma qualche volta acceca. Può essere assordante, per questo fa paura, ma se si impara ad ascoltare la sua voce può parlarci di noi.
La voce del silenzio sa parlare più delle parole. Ci esce dal cuore, dagli occhi, dalle mani, sa ferire, può abbracciare, urlare.
I bambini ci guardano e l’ascoltano, perché è sincera.
Si può parlare senza usare le parole ed il messaggio arriva, forte, chiaro e vero più di quanto crediamo.
Una carezza, anche solo uno sguardo, hanno in sé più forza di mille parole.
Ma quando proprio non possiamo farne a meno diamo pure voce ai nostri sentimenti, diamo suono ai nostri pensieri, senza dimenticare che se il volume sarà troppo alto nessuno avrà voglia di ascoltarci, e chi ci è più vicino si tapperà le orecchie.
Scendiamo allora dal nostro palcoscenico e cantiamo a bassa voce, e forse ai nostri figli verrà voglia di fare la seconda voce.
E come dice sempre il mio maestro, sentiremmo un solo respiro, quello del coro