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IL LIBRO
Alcuni
brani
"Dal
capitolo 2"
E’
buio. Abbracciato dal silenzio, riposa in quel soffice calore
avvolgente.
Il suo sonno riempie il tempo di sogni segreti che nessuno mai
saprà svelare, nemmeno lui.
Solo qualche suono lontano, quasi un‘eco si accompagna
a quel battito, soffio di vita.
Ma nell’aria qualcosa è cambiato e si avverte uno
strano disagio. Una forza nuova e sconosciuta lo chiama e lo
trascina prepotente.
All’improvviso è luce accecante, rumore, voci,
mani.
Un vagito.
Benvenuto nel mondo.. .
La mamma lo guarda e già lo ama, mentre lui contempla
lei, senza vederla.
Con gli occhi ancora velati, di un azzurro fatto di acqua ,
cerca nella luce quella voce familiare. Ha i capelli che sembrano
di piuma e la pelle liscia e sottile, quasi eterea.
E’ un incontro denso di emozioni, sono attimi di felicità
assoluta.
Quel cucciolo d’uomo, perfetto eppure tanto fragile, ha
già il suo posto nel mondo, ma ancora non lo sa, né
gli interessa. Ciò che vuole è solo la sua mamma,
che da questo istante vivrà per lui.
Niente sarà più uguale a prima, a quel prima che
sembra già lontano.
"Dal
capitolo 6"
Studiare
è bellissimo, non stanca mai. E’ un viaggio, è
come avventurarsi nella foresta tropicale, tra alberi imponenti
dalle fronde intricate, mondi affollati di vita nascosta.
Ad ogni passo una nuova scoperta ti spinge più avanti
e lo sguardo si immerge, ma non si disseta mai. C’è
sempre qualcosa, più in là.
E così nella mente si accendono sempre nuove luci e noi
vediamo con più chiarezza i mille angoli ancora troppo
bui.
Il sapere ci scopre sempre più ignoranti e bisognosi
di lui. E per assurdo, chi meno conosce, più si sente
sapiente ed appagato. Sarà forse per questo che noi genitori
non sentiamo il bisogno di prepararci a fondo per svolgere al
meglio il nostro compito, tanto affascinante quanto difficile.
Il buonsenso aiuta, ma non basta.
E poiché il primo passo verso la conoscenza è
la curiosità, basterebbe avere voglia di scoprire quale
mondo si nasconde dietro lo sguardo dei nostri figli, per imparare
a guardare con i loro occhi.
Ma esiste un modo più pratico, facile e veloce di fare
il genitore: fare in modo che siano i bambini ad adeguarsi al
nostro modo di vedere la realtà. Come? Convincendoli
che noi siamo perfetti.
Non è difficile, loro ci vedono già così
e vogliono somigliarci, stravedono per noi e se sbagliamo nemmeno
se ne accorgono. Ma non facciamoci illusioni: dura poco. Nei
loro sei o sette anni di vita imparano a guardarci mettendo
a fuoco la nostra immagine alla perfezione. E ci ameranno, nonostante
tutto.
In fondo per un bambino non è poi così male avere
per genitori due persone normali, che sbagliano e chiedono scusa,
che hanno il coraggio di dire avevi ragione tu, senza vergogna.
Invece spesso negando l’evidenza si preferisce apparire
impeccabili, miti irraggiungibili.
Restauriamo un affresco antico e segnato dal tempo coprendo
goffamente, con troppo colore spennellato in fretta, proprio
quelle chiazze più sbiadite che parlano di lui, della
sua storia.
Così facendo roviniamo tutto, ma speriamo che nessuno
si avvicini troppo perché soltanto da lontano può
sembrare un lavoro ben fatto.
Se nostro figlio rimarrà a contemplarlo da lontano continuerà
ad ammirare quella perfezione, certo che mai potrà competere
con lei, esserne all’altezza ed essere degno di tanto
splendore. Ma se lo faremo avvicinare un po’ di più
scoprirà il trucco, staccherà con le unghie quelle
croste di tempera scadente ridando luce alle preziose imperfezioni.
E’ meglio essere veri. La nostra autorità non ha
bisogno di maschere, il rispetto non si conquista restando sul
balcone a predicare ad alta voce, ma stando seduti sul marciapiede
insieme, anche in silenzio.
Il silenzio è il buio delle parole, ma qualche volta
acceca. Può essere assordante, per questo fa paura, ma
se si impara ad ascoltare la sua voce può parlarci di
noi.
La voce del silenzio sa parlare più delle parole. Ci
esce dal cuore, dagli occhi, dalle mani, sa ferire, può
abbracciare, urlare.
I bambini ci guardano e l’ascoltano, perché è
sincera.
Si può parlare senza usare le parole ed il messaggio
arriva, forte, chiaro e vero più di quanto crediamo.
Una carezza, anche solo uno sguardo, hanno in sé più
forza di mille parole.
Ma quando proprio non possiamo farne a meno diamo pure voce
ai nostri sentimenti, diamo suono ai nostri pensieri, senza
dimenticare che se il volume sarà troppo alto nessuno
avrà voglia di ascoltarci, e chi ci è più
vicino si tapperà le orecchie.
Scendiamo allora dal nostro palcoscenico e cantiamo a bassa
voce, e forse ai nostri figli verrà voglia di fare la
seconda voce.
E come dice sempre il mio maestro, sentiremmo un solo respiro,
quello del coro
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